Il porto di Chioggia | Città Pesca Turismo | Città | Chioggia nella Regione Veneto (*)


  La città di Chioggia si situa all’estremità meridionale della laguna veneta. Il suo territorio è costituito da due isole principali e da un antichissimo canale che funge tuttora da porto marittimo. Posta in prossimità dell’estuario dei due importanti fiumi, il Brenta e l’Adige, presenta alcune caratteristiche morfologiche assai particolari che ne influenzano le direttrici di sviluppo sociale, economico ed urbanistico.
  Anzitutto, la città è inserita nel delicato ecosistema lagunare e, quindi, oggetto delle politiche di tutela e di valorizzazione previste dalle diverse leggi speciali per la salvaguardia di Venezia. Secondariamente, il Comune di Chioggia presenta, all’interno del suo territorio, un’importante differenziazione tra il centro storico cittadino (nel quale risiedono circa 20.000 abitanti), e Sottomarina, con più di 25.000 abitanti. La collocazione geografica di Chioggia all’interno della Regione Veneto risulta marginale rispetto al sistema insediativo e produttivo dell’area centrale veneta costituita da Padova, Treviso e Venezia e al Basso Polesine che, più a sud, completa il territorio della Regione. Negli ultimi anni il Veneto è cambiato più che nei cento precedenti: sono cresciuti i redditi, sono migliorate le condizioni di vita, nuove case sono sorte ovunque, le occasioni di lavoro sono state più abbondanti, fino a fermare l’emigrazione. è salito il livello di istruzione, i laureati si sono quintuplicati e così i cittadini con licenza media inferiore e media superiore. Sono cambiati i mestieri e oggi solo poco più del 10% dei lavoratori veneti si dedica all’agricoltura, mentre il 43% circa è occupato nell’industria e artigianato e il restante 47% svolge la sua attività negli uffici, nei trasporti, negli ospedali, nella scuola ecc.
  Quarant’anni fa quasi la metà degli occupati lavorava nell’agricoltura, mentre nell’industria, concentrata in poche aeree, trovavano la loro attività un terzo dei lavoratori, il rimanente era addetto ai servizi. Molti artigiani, contadini e operai si sono trasformati in piccoli e medi imprenditori mantenendo il tradizionale decentramento delle abitazioni e delle aziende.
  Il ventunesimo secolo, che per gran parte dell’Italia Settentrionale segna il momento del decollo industriale, non ha rappresentato per Chioggia un momento di svolta, nonostante l’ampio dibattito sui modi del suo sviluppo che si era avuto dopo l’annessione del Veneto all’Italia unita. Sono partite in direzione di Vienna, dell’Istria e della Dalmazia intere famiglie del ceto medio-borghese, più attente all’opportunità dell’investimento economico, una borghesia che in pratica si sottraeva alla realtà locale, dove non trovava, o non sapeva creare, condizioni adatte allo sviluppo; preferiva i mercati esterni a cui l’attività peschereccia ed orticola faceva necessariamente riferimento: erano provvigionisti e commercianti che da decenni garantivano l’intermediazione. è così che Chioggia, pur rappresentando come entità numerica e come consistenza del naviglio la capitale della pesca italiana, non ha mai avuto un mercato all’altezza della situazione.
  Fin dal 1700, gran parte della commercializzazione che rappresenta il momento di maggior profitto non si realizza né direttamente né indirettamente in città, ma queste risorse favoriscono la realizzazione di capitali in altre realtà economiche. Ciò determina anche la mancata creazione di un ceto di commercianti che, in loco, tragga dal lavoro dei pescatori proventi ingenti.
  Analoga risulta la situazione nel settore orticolo che ugualmente favorisce i ceti mercantili esterni. Qui si può constatare come nascano delle imprese di commercializzazione e quindi come parte dei profitti permangano in loco.
  I capitali, però, più che innescare meccanismi di sviluppo sono, a causa di una singolare mentalità, investiti quasi esclusivamente nel settore terriero ed immobiliare. Ciò non significa investimento produttivo nel settore edilizio (considerato proprio la tara culturale dell’insularità di Chioggia e Sottomarina, ristrette nei confini storici segnati da secoli di decreti della Serenissima) né l’avvio e il diverso impiego della forza lavoro, tanto meno un’espansione della città.
  Infine, le difficoltà poi dovute all’inagibilità del porto e l’isolamento della città dalle grandi vie di comunicazione, con strade al limite della praticabilità (anche la ferrovia Chioggia-Rovigo, tanto discussa, si è rivelata ben presto una scelta sbagliata) segnano un quadro di stagnazione completa della vita economica.
  Ancora oggi si può ben dire che fino a quando la produttività si basa esclusivamente sulle capacità ed attitudini della forza lavoro, l’ortolano, il calafato o il pescatore chioggiotto riescono a primeggiare e ad essere concorrenziali, quando invece subentra l’investimento capitalistico, si ha un notevole regresso e si accentua il sottosviluppo. Mentre negli ultimi trent’anni il cosiddetto "Nord-Est" è riuscito ad affermarsi grazie alla riconosciuta capacità imprenditoriale dei veneti ed anche alla struttura stessa del sistema economico, basato, essenzialmente, sulla piccola e media impresa, sempre pronta a cogliere le possibilità offerte sui vari mercati, Chioggia e gran parte dell’area della "Bassa Padana" ne è rimasta, in gran parte, esclusa.
  Ciò è dipeso in gran misura dall’insufficienza di infrastrutture e dei collegamenti viari con l’opulento entroterra (Verona-Vicenza-Padova-Treviso), dall’assenza della ferrovia Chioggia-Padova, del collegamento fluviale marittimo fino a Mantova, e di un’autostrada che colleghi Chioggia con Venezia-Ravenna (l’attuale Romea è ormai del tutto insufficiente). La possibilità di collocare le risorse produttive in un bacino dove sia disponibile un’energia lavorativa adeguata è strategica in senso economico. Le infrastrutture del trasporto, in particolare, diventano tradizionalmente il supporto strutturale indispensabile; nel caso specifico, tuttavia, vi sono alcune peculiarità che trasformano il tema viario in vero e proprio problema sociale. In particolare, mentre la struttura prelude e favorisce lo sviluppo, qui si è di fronte ad un’evoluzione imbottigliata da uno strutturale rallentamento degli spostamenti.
  Tutti gli studiosi ormai affermano con forza che la distanza fisica non è più l’unico parametro che definisce la lontananza di una comunità; nella società virtuale i soggetti si sentono partecipi di molti centri di interesse, alcuni sono vicini, altri lontani, ma vi è un elemento che li rende importanti, ed è la loro accessibilità.
  La distanza moderna è ormai data dal contrasto tra il bisogno di accedere ed il tempo di arrivare; il nuovo concetto di centralità globale, infatti, non è più misurabile con il metro, ma con l’unità di tempo. Questo crea nella popolazione un cambiamento radicale nella cultura dell’appartenenza alla globalità dello sviluppo, che dipende dallo sviluppo degli interessi, commisurati ai tempi di accesso.
  Ciò vale per il trasporto delle persone, ma anche per l’accesso alle informazioni, vale per la mobilità dei consumi, ma vale sempre più per la mobilità delle merci.
  Il punto focale diventa la strategia dello sviluppo. Su questo tema infatti la popolazione è sempre più sensibile, sia per le prospettive immediate che incidono sulla vita di tutti i giorni, sia per l’importanza a medio e lungo periodo che proietta lo sviluppo pure nella generazione successiva.
  Da un punto di vista anche simbolico non vi è dubbio che la costituzione di un asse di trasporto induce l’idea di una grande opportunità in più per il futuro, ma ciò che potrebbe potenziare maggiormente questo significato, è il fatto di legare la ferrovia, la grande arteria stradale, i grandi viadotti, al trasporto delle merci. La priorità della merce su quella della persona può apparire discutibile se si pensa che la popolazione privilegi solo il proprio bisogno più immediato, ma nella modernità nessun tipo di valutazione razionale potrà mai convincere le popolazioni dei Paesi ricchi che il treno è meglio della macchina per gli spostamenti personali. La flessibilità soggettiva dell’auto è una specie di valore sacro della modernità e non va aggredito con semplificazioni; ben diverso è il ragionamento se si afferma che grazie al treno le strade possono essere più decentemente percorribili.
  L’idea che la ricchezza sta dove le merci si muovono nei tempi più brevi possibili si collega fortemente al fatto che la popolazione si è ormai abituata all’idea che ciò che conta è la continuità del movimento, più ancora della velocità. Nel nostro caso l’idea di ferrovia è vincente se permette l’invenzione di una direttrice di sviluppo ad iniziare da Padova, Piove di Sacco ad un prolungamento fino a Chioggia.
  Vi sono due elementi che potrebbero rappresentare e diventare un processo di globalizzazione del sistema: ad uno dei due poli si ha una realtà di sviluppo come Padova, all’altro estremo abbiamo Chioggia con una vocazione oggi sostanzialmente frustrata, ad essere luogo di raccordo naturale con il mare, il fiume, il trasporto in direzione nord-sud. Basterebbe questo tipo di considerazione per far capire che vi sono tutte le premesse perché intorno a questo tratto di ferrovia possa nascere un’idea di "Territorio produttivo" che va ben oltre la funzionalità del trasporto.
  Possiamo legittimamente ipotizzare che un’area che vive oggettivamente problemi di comprensione produttiva, e a volte di lontananza, potrebbe trovare intorno alla ferrovia molte ragioni simboliche, ma anche pratiche, per assumere l’ambizione di diventare città-distretto all’interno della città diffusa della Regione.
  Le comunità locali, quindi, non hanno molte alternative tra uno sviluppo attuale, che si muove per aggiustamenti successivi, ed una scelta coraggiosa che immette nel tessuto locale elementi di flussi internazionali, che favoriscono l’accesso alla globalizzazione con sistemi di flusso ordinati. La ferrovia da questo punto di vista è molto flessibile perché permette risposte sia al problema del movimento di merci, che ormai non hanno confini, ma arriva anche ad alleggerire i traffici, consentendo un’alternativa alle persone.