Il porto di Chioggia | Notizie ed eventi | Rivista Ufficiale | Seariver 2000 | Articolo 17


Giorgio Vianello

  Lo sviluppo massivo delle telecomunicazioni, cui di pari passo si sta accompagnando quello della tecnologia della marineria navale e del trasporto intermodale, la capacità di produrre sinergie di imponenti dimensioni grazie alla diffusa globalizzazione dei consumi legata alla dimensione totalizzante della grande distribuzione costituiscono tutti insieme elementi che risultano determinanti per assecondare le caratteristiche evolutive della società contemporanea. Oggi, per ottenere la loro ottimizzazione in fase applicativa, inevitabilmente ha luogo una crescente tendenza a privilegiare nei confronti delle tradizionali città-porto le aree territoriali interne a forte vocazione industriale e commerciale, le quali possono vantare un maggior livello di servizi e di infrastrutture e una dotazione di reti distributive avente caratteristiche di funzionalità, flessibilità e completezza gestionale senz’altro preferibili. Inoltre il recupero crescente della capacità produttiva delle aree economiche internazionali meno sviluppate, incentivato a tutti i livelli economici, sociali, politici sulla spinta delle urgenti istanze di popolazioni a grande densità demografica che mirano ad ottenere una più equa e vasta ripartizione in campo internazionale della forza lavoro per arrestare o quanto meno rallentare la pressione sulle aree mondiali più evolute, comporta che i paesi di recente industrializzazione, comunemente definiti in via di sviluppo, non accettino più di continuare ad avere la funzione, giustamente considerata riduttiva, di semplici esportatori di materie prime, ma si attrezzino al meglio per attuare, quanto meno, le fasi iniziali di trasformazione industriale dei loro prodotti-base.
  L’effetto conseguente a quanto sopra riscontrato è una progressiva riduzione dei volumi di merci trasportate alla rinfusa che comporta l’insorgere nelle aree industriali costiere presenti nei Paesi a maggiore sviluppo economico, quale è l’Italia, di uno stato di crisi che si protrae in termini che si possono definire endemici.
  La progressiva decadenza denunciata a partire dagli anni ‘70 dai porti adriatici di Venezia e Trieste facenti particolare riferimento ad importanti aree industriali, verificatasi nonostante gli sforzi prodotti per adeguare, razionalizzare e modernizzare le strutture portuali, non è quindi da valutarsi a livello di caso isolato ed occasionale. Infatti essa non è dovuta solo a contingenti, transitori fattori fortemente negativi dovuti a condizionanti motivazioni di carattere economico-politico (crisi di Suez, persistente stato di guerra nell’area mediorientale e balcanica, divisione politico-economica del retroterra naturale delle aree portuali), ma va inquadrata piuttosto in una difficile situazione generale vissuta dalla portualità a livello mondiale che, riferita al contesto italiano, si viene ad aggravare sia per la marginalità geografica dell’Italia rispetto la parte dell’Europa più evoluta, che per le grosse carenze di una efficace ed efficiente politica dei trasporti e delle infrastrutture; carenze che vengono esaltate dal confronto con quanto corrispondentemente si sta realizzando in ambito europeo nel settore delle comunicazioni e specificatamente a favore della grande infrastrutturazione territoriale. Tutto ciò, alla luce delle suddette considerazioni, non può non portare alla necessità di riverificare, nell’ambito della economia nazionale e della politica di diversificazione delle modalità di trasporto, il futuro ruolo che devono assumere sia i vettori che la portualità costiera e fluvio-marittima nel contesto territoriale più ampio, esteso all’entroterra di riferimento, per cogliere l’obiettivo di soddisfare pienamente alle esigenze di complementarietà dell’intero sistema portuale italiano con gli interporti e le aree industrializzate dell’interno. Indubbiamente la caduta del muro di Berlino, con tutte le conseguenze che ha comportato a livello politico, economico, territoriale e la piena liberalizzazione dei mercati conseguita con la istituzione della moneta unica europea hanno avuto parte importante nell’accelerare i tempi di ristrutturazione ed adeguamento dell’intero comparto portuale europeo, generando contemporaneamente anche in Italia una complessa progettualità delle comunicazioni plurimodali. Con la programmazione della navigazione a corto raggio in Adriatico e del cabotaggio Adriatico-Ionio-Mediterraneo connessa alla infrastrutturazione della costa adriatica e dell’entroterra, prevista per dare luogo alla attuazione del Corridoio plurimodale adriatico, l’attuale momento storico pone all’attenzione nazionale e delle Regioni dell’alto Adriatico la necessità di attuare in tempi brevi una articolazione coordinata delle comunicazioni di raccordo delle aree costiere con i poli di maggior interesse nazionale non soltanto a livello commerciale ed industriale, ma anche produttivo, turistico, culturale. Questa rete di collegamenti e di infrastrutture sarà fondamentale per permettere a questi poli di connettersi convenientemente attraverso la portualità marittima alle aree di scambio sia dell’Europa centro-settentrionale che del Medioriente, fino al Mar Nero. L’opportunità che viene in tal modo data all’Italia, ed in particolare all’alto Adriatico, di riproporre in termini moderni lo storico ruolo di ponte commerciale e culturale fra il Medioriente e l’Europa non può assolutamente essere sottovalutata o differita nella sua attualizzazione. L’occasione infatti si presenta particolarmente propizia per superare quelle situazioni di marginalità geopolitica e quella frammentazione economico-sociale del territorio nazionale che si è venuta a determinare per la eccessiva sperequazione dei livelli di organizzazione produttiva e commerciale e di dotazioni infrastrutturali fra settentrione e meridione del Paese; condizioni che costituiscono ancora oggi un pesante retaggio per una Italia che vuole inserirsi e mantenersi nella parte dell’Europa a sviluppo più avanzato. In questo contesto programmatico di riorganizzazione e valorizzazione delle risorse disponibili nel territorio l’A.S.P.O. di Chioggia sta provvedendo ad inserire, in sintonia con Regione Veneto, Provincia di Venezia e Comune di Chioggia, il porto attualmente in corso di realizzazione in località Val da Rio, per dare ad esso una configurazione specifica di porto fluvio-marittimo dell’alto Adriatico specializzato per il cabotaggio adriatico ed i flussi di traffico commerciale provenienti dal Mar Nero, dalla Turchia e dai Paesi del Mediterraneo orientale, e, nel contempo, convenientemente attrezzato per proporsi in rapporto alle aree industrializzate dell’Italia settentrionale come terminal naturale dell’intero sistema idroviario padano. Ciò sia per garantire un punto di riferimento logistico ai flussi turistici di transito riferentisi all’ambito lagunare e veneto, ma anche a quelli connessi con il bacino di utenza della Pianura Padana fino alla Svizzera. In questa fase storica di grande evoluzione dei sistemi di comunicazione, indubbiamente il fatto di essere un porto di nuova costruzione, al di là di configurarsi in un elemento condizionante di incertezza e precarietà, costituisce per il porto di Chioggia un vantaggio rilevante, in quanto, già nel corso dei lavori di realizzazione risulta possibile apportare quei correttivi e quegli adeguamenti tecnologici che permettono di predisporre una portualità secondo concezioni d’avanguardia. Proprio perché può contare su scelte di base studiate su modelli modernamente concepiti nonché sui riscontri delle concrete risultanze e proiezioni dei dati statistici dei traffici marittimi riferentisi agli scali portuali di Chioggia (Saloni e le banchine già realizzate in Val da Rio), il nuovo porto di Val da Rio è quindi destinato in futuro a durare a lungo senza la necessità di dover ricorrere a radicali interventi di ristrutturazione e di ammodernamento. La sua peculiarità di porto commerciale di contenute dimensioni territoriali, con fondali dei canali lagunari di accesso che consentono la navigazione ad imbarcazioni con un pescaggio non superiore ai 7 metri, comporta che nell’ambito della portualità lagunare oltre a mantenere e sviluppare il tradizionale traffico di merci (ferro, legname, granaglie), esso abbia una funzione limitata ad alcune specializzazioni, ritenute opportune da apposite indagini di mercato, che non sono direttamente concorrenziali con il Porto di Venezia e che attualmente non risulta possibile attivare nel porto all’Isola Saloni per evidente ristrettezza di spazi disponibili. Dette specializzazioni, che fanno riferimento in modo particolare al traffico RO-RO e portacontenitori di media dimensione, consentiranno al Porto di Val da Rio di configurarsi come terminal multipurpose, cioè secondo una tipologia portuale attualmente molto diffusa nell’Europa settentrionale. Comunque il contesto generale del porto fluvio-marittimo risulta in una tale evoluzione che necessita prestare molta attenzione innanzitutto alla flessibilità delle aree portuali sia relativamente alle strutture che agli spazi scoperti, affinchè siano realizzate, organizzate e gestite in modo tale da consentire loro di disporsi sempre, in tempi minimi ed in modo comunque ottimale, conformemente alle eventuali modificazioni richieste dalle contingenti esigenze di mercato. In particolare lo sviluppo del traffico idroviario lungo le banchine prospicienti il Canale Lombardo esterno sarà supportato, oltre che da magazzini e silos per lo stoccaggio al coperto delle merci in transito, da un efficiente punto di interscambio nave-chiatta fluviale che, grazie alla nuova collocazione geografica del porto in Val da Rio, sarà dislocato in una posizione di migliore operatività in riferimento all’accesso idroviario di Brondolo e meno visivamente ingombrante rispetto l’attuale punto di ormeggio a ridosso della bocca di porto. Questo risvolto funzionale ed insieme ambientale che caratterizza la relazione porto- città non va visto in modo episodico, in quanto anch’esso si inquadra in una ampia programmazione che vede il Porto di Chioggia non solo rappresentare un luogo di lavoro in cui sono impegnati molte maestranze ed operatori qualificati, ma anche e specialmente risultare una infrastruttura di primaria importanza per l’economia e la pianificazione territoriale della città sia in ambito comunale che provinciale e regionale. Ciò in quanto innanzitutto un porto importante quale si appresta a divenire quello di Val da Rio richiede, per il suo stesso funzionamento, di essere collegato ad efficienti reti stradali e ferroviarie. Proprio perseguendo questa finalità è stata possibile la realizzazione della bretella provinciale che allaccia la S.S. Romea con il Porto dell’Isola Saloni, dando così, nel contempo, al centro storico di Chioggia un ottimo sbocco viario diretto verso l’asse stradale Padova-Ravenna, che per tanti anni è mancato alla città per decongestionare il traffico intenso della località Borgo San Giovanni. Né va trascurata la straordinaria ripresa della linea ferroviaria Chioggia-Rovigo che, destinata solo qualche anno fa ad essere tagliata dalla rete ferroviaria nazionale quale ramo secco, a seguito della attivazione delle prime banchine portuali in Val da Rio e del raccordo ferroviario stazione-porto, ora denuncia un flusso di traffici notevole se si pensa che solo nell’anno 2000 sono state movimentate 2000 tn di merci. L’evidente interesse per il trasporto per via ferroviaria, riscontrato in tale entità da sorprendere, ha fatto sì che, a tutti i livelli, venisse riproposta con molta convinzione, in chiave moderna, la secolare istanza di Chioggia volta a disporre anche di un collegamento diretto con Padova sia per le persone che, specialmente, per le merci indirizzate all’interporto. In tal senso risulta particolarmente interessante, in prospettiva immediatamente futura la possibilità di interconnessione plurimodale del Porto di Val da Rio con le realtà commerciali degli interporti vicini di Padova e Rovigo. Ma assume molto interesse per il futuro dell’industria turistica di Chioggia poter disporre ai Saloni di una banchina capace di assolvere in modo funzionale all’istituzione di un terminal di traffico turistico e passeggeri lagunare, nonché di una stazione marittima capace di accogliere i traffici passeggeri per via fluviale e delle navi attrezzate per i collegamenti inframediterranei e le crocere, che Venezia non sarà in un prossimo futuro più in grado di accogliere perdurando l’attuale trend di crescita del settore. Né può passare inosservato il fatto che molti spazi portuali dell’Isola Saloni con la realizzazione del Porto di Val da Rio si renderanno disponibili non solo per sopperire e completare le esigenze di supporto e servizio del centro storico di Chioggia, ma anche per dare spazi convenienti e modernamente concepiti e dotati al diporto e alla pesca d’altura. Tutto ciò non è casuale, ma segue una evoluzione territoriale attualmente molto estesa in tutta Europa, intesa da un lato a rendere la portualità marittima più organzzata e competitiva, e dall’altro lato a gratificare la città dell’uso di nuovi spazi dismessi dal porto, che si rivelano preziosi per la loro vastità e per consentire alla città di tornare, come alle sue origini, ad aprirsi in libertà, su ogni lato, senza barriere, verso il mare. Pertanto perché questa complessa programmazione territoriale, che prevede una stretta relazione funzionale fra terre emerse, specchi aquei e canali, possa dare quegli esiti urbanistici, economico-sociali e di qualificazione del lavoro, che stanno nelle aspettative di tutti i Chioggiotti, sicuramente bisogna che le infrastrutture principali del territorio, in particolare il porto, vengano rispettate e valorizzate pienamente, affinchè esse possano finalmente garantire, con il loro buon funzionamento e le loro ampie connessioni intermodali, l’istaurarsi di una produzione di preziose sinergie estesa a tutto il territorio regionale e nazionale.